Come l'acqua... per i fumenti


 Oggi ho scritto il titolo prima di pensare davvero a cosa scrivere, "Come l'acqua..." ed ecco che mi è tornato in mente i film "Come l'acqua per il cioccolato" e poi il libro da cui è stato tratto, Dolce come il cioccolato (tutta roba recente, eh) e poi, loro. I fumenti.
Proprio dalla poesia alla prosa più cruda, dallo struggimento di una storia d'amore piena di infelicità, ai pentoloni fumanti per dare sollievo al mio naso (che poi quando non bastano, vai di ettolitri di acqua di Sirmione).

Che dire. Le ultime due settimane sono state un balletto di virus influenzali (lo so che ne avevo già parlato, ma qui hanno sferrato il grande attacco), che prima hanno più o meno toccato gli altri componenti della famiglia, poi hanno messo ko la sottoscritta, la quale tanto si vantava che con 38 di febbre è pimpante e fresca come una rosa, manda avanti la baracca, ecc.. ecc... e poi ha passato 6 giorni 6 con il febbrone, perfettamente mimetizzata con il divano e la copertina di pile coi cagnolini rossi.

Mio figlio mi visitava con i suoi attrezzi da dottore, lo stetoscopio rosso e lo sfigmomanometro azzurro e sentenziava, scrutandomi: "Ho appena visto un germe. Ah, no, è una coccinella che cammina per casa".  Dopo di che, cercava di farmi l'inizione con la siringa gialla con la quale ovviamente mi prendeva a pugnalate "perché tanto non ha l'ago, male non ti faccio".
Voglio dire, un decorso di malattia assolutamente riposante.
La cosa per me fuori dal comune  - oltre ad essere splamata sul divano incapace di reagire - è che non sono quasi riuscita a leggere niente, Io, che di solito approfitto della febbre per leggermi qualche bel romanzo, niente, stavolta al massimo qualche rivista, ma giusto per guardare le figure. No, non è stata un'influenza da intellettuale sofferente, che so, roba da declamare i versi di Byron nel tremore febbrile e spargere lacrime e sudore, e ok, ok, la smetto.

 Nel frattempo, è morto Umberto Eco e, sebbene io non l'abbia mai particolarmente amato, mi è rimasta comunque quella tristezza di "un altro grande che se ne va". Però è anche bello pensare che ci sia un'eredità da raccogliere. Devo ammettere che ho la classica mentalità da liceo classico, abituata ad ammirare ciò che è più o meno vetusto e a fidarmi poco del giovane. Nel senso, istintivamente mi dà molta più fiducia il professore d'annata del giovane alunno, salvo poi realizzare molto spesso che  il giovane alunno è anche più in gamba del vetusto professore. Sarà forse che Italia si diventa docenti universitari ordinari una manciata di anni prima della pensione e quindi il concetto di "giovane" non è proprio ben chiaro tra le gerarchie accademiche.

Comunque non è un problema mio, io resto alla docenza di scuola superiore e ho la grande fortuna di divertirmi lavorando (quando va bene, ci sono giorni in cui mi chiedo cosa abbia fatto di male per dover subire tutto ciò), oltre che a poter studiare tanto di tutto e tutti i giorni, il che è una gran fortuna.

Chiudo qui, con questo post che è un meraviglioso esempio di superficialità: dai film ai fumenti, dall'influenza a Umberto Eco, con una divagazione sull'insegnamento.

Prendetelo come un rodaggio dei neuroni post influenzali. La prossima volta tornerò con qualcosa di serio.

(Mah)


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