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Visualizzazione dei post da gennaio, 2016

Perché fare l'insegnante

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  Foto di Stuart Miles Quello dell'insegnante è forse il lavoro più criticato di tutti i tempi. C'è il solito luogo comune dei tre mesi di vacanza estivi, rimane salda la convinzione che il professore di pomeriggio non lavori e che ripeta a pappardella le solite cose per tutti gli anni della sua dis onorata carriera. Ancora,  c'è chi pensa che se uno spende i soldi per laurearsi e poi va a fare l'insegnante, è perché, tutto sommato, è un po' sfigato e non ha trovato altro. Se poi si specializza per abilitarsi, insomma, vuol dire che ha proprio soldi da buttar via (sì, perché specializzarsi con i corsi universitari -  la vecchia SSIS, quella frequentata da me, o   i TFA -  costa). La verità? La maggior parte di coloro che fanno parte della mia generazione insegna perché ci crede veramente. E perché crede che non ci sia lavoro più bello dell'insegnamento, a dispetto dello stipendio non proprio principesco.  C'è chi, come me, è approdato all'insegna

I virus influenzali degli uomini sono diversi da quelli delle donne

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  Sono giorni che non scrivo, ma è una settimana in compagnia dei virus influenzali che, a turno, passano a trovare ciascun membro della famiglia. Stavo pensando, però: quando mio figlio è ammalato, giustamente dorme. Quando a essere ammalato è mio marito, giustamente dorme, perché con la febbre a 37.1, si sa, si sta malissimo... Quando sono ammalata io,  mi imbottisco di tachipirina, vado a lavorare, sistemo casa, accompagno e riprendo all'asilo, preparo merende, cucino e la sera stramazzo, col capello stile Medusa e  l'occhiaia gotica. A questo punto mi domando se i virus influenzali subiscano mutazioni strane a seconda che si accomodino  in un corpo maschile o femminile; propendo però per  il caro vecchio luogo comune, per cui le donne semplicemente non ci fanno caso. All'influenza. Cominciano a sventolare bandiera bianca solo quando la febbre sale a 39. L'uomo semplicemente la sventola prima, uno sventolio preventivo, direi. C'è da dire che le giorn

Milano dei ricordi, Milano del Teatro alla Scala

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Ieri, Milano. Tanta, tantissima gente, in piazza Duomo, in Galleria, nelle vie dello shopping che tanto mi ricordano gli anni dell'università e dei primi lavori nella "città del lavoro". Una città multiforme, dagli scorci mozzafiato, dai quartieri pieni di fascino, ma che aspettano di essere scoperti. Milano non si concede - secondo me - in tutto il suo splendore come Parigi, per esempio. Aspetta che qualcuno la sappia guardare, che qualcuno abbia voglia di scrutare nei suoi giardini - che meraviglia, i fenicotteri rosa di Villa Invernizzi - ,   che giri con il naso all'insù per ammirare il Quartiere Liberty, passare in Corso Venezia sotto le losanghe di Portaluppi , poi un caffè in Villa Necchi Campiglio (ma anche una visita guidata, perché no?), o  l'aperitivo a Brera, che sarà scontato, ma che meraviglia è, Brera?    I fenicotteri rosa di Villa Invernizzi    Villa Necchi Campiglio La Brera del mio primo lavoro "importante" (face

Di luna e di ali di drago

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"Fotografiamo la luna, sta sorridendo!", esordisce mio figlio in una passeggiata di tardo pomeriggio, quando già il cielo non è più azzurro e sta scivolando nella notte di questo gennaio inspiegabilmente di sole. La luna è alta, grande, piena e lucente. Viene spontaneo, sul ciottolato della piazza del Duomo, fermarsi con il naso all'insù. Il mio piccolo prende il mio cellulare, scatta una foto, poi un video "Ciao luna, sorridi" . La gente che passa di lì lo guarda con tenerezza, ma lui è impegnato, deve catturare quello sguardo giallo, sopra quel campanile a cui lui è tanto affezionato. Chissà cosa gli dice, la luna. Chissà cosa vede in quegli occhi lontani. Mi prende la mano, è ora di tornare e di raccontarci la giornata, i suoi disegni, i suoi giochi. A casa, non stanco, decide di essere un drago. Disegniamo le ali un po' verdi, e un po' colorate, dopotutto chi sa se davvero i draghi sono verdi. Un paio d'ali anche per me, perché lui è dragh

Chiudiamo le scuole!

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  Qualche giorno fa, ho partecipato a una discussione su un gruppo facebook riguardo a un fatto di cronaca. Due studenti, in una scuola superiore, si stavano picchiando, l'insegnante che sorvegliava i corridoi all'intervallo è corsa per sedare la rissa e si è beccata un pugno in faccia (sembra per sbaglio), cosa che ha reso necessario l'intervento del 118. Tanti commentavano costernati e scandalizzati l'accaduto, qualcuno si lamentava con le solite frasi fatte (Dove andremo a finire?) e uno ha invitato tutti a rileggersi Chiudiamo le scuole! di Papini, come testo esemplare che avrebbe chiarito tutto sull'argomento scuola e disagio. Io ho colto quell'invito, perché, insomma, mi sembra naturale che si debba giudicare la scuola del 2016 in base a uno scritto del 1914, quando neanche Gentile si era affacciato al Ministero della Pubblica Istruzione. Ma tant'è. Uno scritto di letteratura, di Papini poi che mi è pure simpatico, si trova sempre il tempo di leg

I muffin ai mirtilli di Rimbaud

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No, non so se Rimbaud mangiasse muffin ai mirtilli, probabilmente neanche sapeva cose fossero i muffin ai mirtilli, ma visto che, quando ho scritto della locanda verde , mi sono anche sbafata i muffin ai mirtilli, ecco che quei muffin sono stati ribattezzati "Muffin ai mirtilli di Rimbaud". Quante volte ho scritto muffin ai mirtilli? E, visto che l'avevo promesso, ecco qui la ricetta. Con una premessa: la forma è sicuramente quella dei muffin, ma qui non c'è la distinzione tra ingredienti secchi e liquidi che vanno miscelati prima separatamente e poi insieme. Si mette tutto nella stessa ciotola, subito, quindi sono più tortini che muffin, almeno credo. Però nel ricettario (un inserto di Cucina moderna , intitolato Cake ) sono chiamati muffin. In ogni caso, sono proprio buoni! Ingredienti (rispetto all'originale, ho messo meno mirtilli e meno zucchero) 250 gr di farina 0 1 bustina di lievito per dolci 2 uova 120 gr. di mirtilli (200 gr. nella ricet

L'inserto domenicale del Sole 24 Ore e piccole considerazioni sull'arte

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  Stamattina, era ancora presto, ho visto il sole filtrare dalle finestre. Il sole, in inverno, è sempre una sveglia felice. Anche con le imposte chiuse, già si intuisce che fuori sarà colorato, che si percepirà un po' di tepore, anche se tra folate di vento gelido. Se poi, come stamattina, è di domenica mattina, ci si prende tutto il tempo per la colazione, le chiacchiere e i giochi in pigiama. ( Ovviamente svegliarsi tardi resta un'utopia, ma se la sveglia umana - leggi: il cinquenne - arriva anche solo alle 8.00, si può essere felici e festeggiare per la gran dormita). Con il sole si esce, si respira il vento e si guardano all'orizzonte le montagne innevate, che sembrano così incredibilmente vicine, stagliate sull'orizzonte di pianura. Lo sappiamo tutti che è un'illusione concessa dal tempo sereno, ma è bello godersela così. Mi piace passeggiare e godermi i piccoli riti domenicali. Come l'acquisto del Sole 24 ore. Non capisco niente di economia, s

Alla locanda verde di Rimbaud e una tazza di tè

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Fa freddo, oggi. Passati due giorni che sembravano un'illusione della bella stagione, con il cielo terso così raro qui da noi (lo diceva già Manzoni, un cielo così bello quand'è bello), il sole forte e basso di un gennaio che non si crede tale, rieccoci - nuovamente  e giustamente- nell'inverno.  Spiace, però, dover tornare indietro: al tempo di primavera ci si abitua subito. Un tempo che invoglia a camminare nel vento già profumato, per poi trovare ristoro davanti a una tazza calda, a del cibo buono, che sa di buono. Ieri, è stato tutto questo. Dopo il lavoro, dopo l'asilo, una passeggiata con le guance arrossate, a guardare il cielo attraverso le bifore del duomo, sopra i tetti dei palazzi storici. Quanti passi in più rispetto ai giorni di nebbia. Pensavo a Rimbaud, Alla locanda verde. Alle cinque di sera e a quel raggio di sole che fa d'oro la spuma nel boccale. L'ho capito ieri - le piccole intuizioni che mi fanno felice - , era il sole di ieri il

Bruno Munari al MUBA di Milano... E ricordi su Rodari

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 Si naviga in internet, si leggono notizie, poi all'improvviso si finisce sulla pagina del MUBA (Museo dei Bambini di Milano) e si viene a sapere che il 22 gennaio apre una mostra speciale: Vietato non toccare , "un percorso di gioco impostato sulla scoperta, la meraviglia, l’esperienza tattile e visiva, la sperimentazione e il fare. Poche regole e tanta libertà di muoversi per scoprire il mondo di Bruno Munari. I bambini, insieme alle loro famiglie, possono esplorare le diverse installazioni con tutto il corpo, vivendo un’espe­rienza unica e suggestiva: toccare, manipolare, comporre, scomporre, sperimentare sono parte del processo di apprendimento tipico dell’infanzia". Ammetto qui tutta la mia ignoranza, ma per me il nome di Bruno Munari è legato a doppio filo a quello di Gianni Rodari . So che Munari è molto di più (e qui potete farvi un'idea di quale grande artista sia stato), ma ripenso ai miei libri di bambina - e dai con l'amarcord, non mi basta

Le Silly Symphonies di Disney e la gioia della lettura condivisa

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Credo fermamente che uno dei grandi piaceri della vita sia la lettura e, per essere puro piacere e non studio, deve essere di sera, a letto, sotto le coperte. Mi piace che ci sia silenzio, che la mente sia sgombra dalle cose da fare, per lasciare così che la stanchezza della giornata si sciolga  tra le pagine. Quante notti passate a leggere, quante volte mi dicevo, a mezzanotte, "basta, l'ultima pagina", poi guardavo l'orologio ed erano già le 2. Ora, da mamma, spero di riuscire a trasmettere questo mio amore viscerale per i libri anche a mio figlio. Leggo per lui da sempre e ho capito quanto sia importante la lettura ai bambini anche grazie a  Me lo leggi? di Giorgia Cozza , libro che vi consiglio caldamente, per comprendere tutti i benefici della lettura condivisa con i bambini. Anzi, già che ci siete, leggete anche tutti gli altri libri di Giorgia, primo fra tutti Bebé a costo zero . Non ve ne pentirete, sono libri che parlano dritti al cuore e aprono la mente.

Dell'Ikea e di altri demoni

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 Foto Ikea So già che parafrasare un titolo così celebre per adattarlo al locus consumisticus per eccellenza suona come eresia, ma ieri  riflettevo tra me e me sulla potente capacità  di attrazione che l'Ikea esercita nei confronti del genere femminile e, in particolare, sull'attrazione che esercita su di me. Amo andare all'Ikea. Mi piace gironzolare per l'esposizione dei mobili, comprare quelle meravigliose inutili cianfrusaglie che secondo me abbelliscono tanto la casa e secondo mio marito portano tanta polvere "e poi lo sai che sono allergico". Mi piace anche pranzare all'Ikea, che pure ha un menu sempre uguale a se stesso dalla sua fondazione;  di solito mangio il salmone, o se mi sento eroica, le famose polpette (con la salsina). C'è una sorta di rituale circolare della visita perfetta all'Ikea, che comincia a casa con lo studio meticoloso del catalogo, del sito o dell'app, prosegue in negozio con una visita che si protrae per o

L'Epifania tutte le feste porta via

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 Ecco, a me questo proverbio "L'Epifania tutte le feste porta via" ha sempre fatto venire una malinconia tremenda. Ricordo che, da bambina, l'Epifania mi metteva solo tristezza... Forse perché qui dalle mie parti la Befana non si festeggia (i doni li porta Santa Lucia il 13 dicembre), e quindi la simpatica vecchina mi è sempre stata estranea. I Magi arrivavano nel presepio, e io mi chiedevo sempre perché dovessero arrivare proprio all'ultimo giorno, quando poi - di lì a poco - il presepe sarebbe stato riposto in una scatola, in attesa del prossimo Natale. Cosa poi fosse la mirra, per me bambina era un autentico mistero. Ora che so cos'è la mirra, che ho fatto pace con la scarsa tempestività dei tre Magi nel presepe, che  la Befana è tuttora un'estranea al mio lessico famigliare, il 6 gennaio sento sempre un piccolo pianto dentro, una lacrima di malinconia che non ho il coraggio di esternare, ma che è lì, pronta a bussare ai miei pensieri nel corso

Pupazzi di neve, torta di mele con crema confortevole e Pablo Neruda

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Stamattina i tetti erano imbiancati, ma la neve era già scomparsa dalle strade e dai cortili. Mio figlio si è svegliato, "ohh, la neve", e non voleva credere che di neve ne fosse rimasta ormai solo una traccia. Se cade la neve, bisogna per forza fare un pupazzo. Così siamo usciti, la giacca pesante, i guanti felpati e il cappello calato sulle orecchie. Faceva freddo, ma la gioia bambina, si sa, riscalda ogni cosa. Ci siamo trovati con gli amichetti, e i bimbi hanno corso per due ore, finendo esausti con le guance arrossate e gli occhi luccicanti di gioia. E il pupazzo? Io mi ostinavo a ripetere "non c'è neve, come si fa", ma loro hanno trasformato quei pochi mucchietti rimasti sulle aiuole in una pallina ghiacciata. "Ecco il pupazzo", dicevano orgogliosi e io ho invidiato, ho invidiato davvero  la fantasia unica dell'infanzia, quella che ha il potere di trasformare tutte le cose. A casa il tepore ci ha riscaldati. "Mamma, cosa facciamo

I poeti lavorano di notte (al ritmo della neve)

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È arrivata la neve e con lei l'inverno. Nei giorni scorsi qui tutto ero grigio di nebbia e i contorni si perdevano in quella coltre lattiginosa. Questa sera la neve è arrivata copiosa. Mi ha colto alla sprovvista - non credo mai al meteo  e sbaglio, lo so -, ma l'ho salutata da dietro le finestre, stringendo tra le mani una tazza fumante. La verità è che amo la neve solo se posso stare a casa, perché la neve mi induce a cercare un rifugio. È buio, fuori dalla finestra. C'è la tenue illuminazione dei lampioni e già alcune luci di festa hanno abbandonato i balconi sulla via. Eppure, è ora che è diventato inverno per davvero, anche se il tempo della festa sta ormai volgendo al termine. Guardo i fiocchi che cadono, accarezzo la testolina bionda di mio figlio e metto sulle spalle un morbido plaid. Apro il computer. Mi piace scrivere nel silenzio della sera e mi piace immaginare che i fiocchi di neve, le ore notturne, i silenzi  siano la cornice per un ticchettio opero

Di nuovi inizi... Buon 2016

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Primo dell'anno. Tutti, oggi, hanno postato i loro auguri su facebook, su instagram, sui blog, di primo mattino. Ma io ormai mi sono settata sul fuso orario della sera, e non programmo i post a un orario più consono. Pubblico quando finisco di scrivere, mi sembra così tutto più vero, in barba alle regole del blogging professionale. Primo dell'anno. Di solito i buoni propositi li riservo a settembre, quando, al ritorno dalle vacanze, in una sorta di ritualità di fine agosto, mi riprometto che "farò". Invece,  in questo inizio di 2016 ho espresso molti desideri... Desidero parole, scritte, lette e ascoltate. Desidero silenzi lievi. Desidero che ogni giornata si concluda sempre con un vero sorriso. Desidero che la mia casa sia sempre così.   Desidero progetti, perché senza sogni si vive a metà. Desidero mantenere la mia direzione, ma al contempo scoprire nuovi orizzonti. Desidero la leggerezza che incanta. E poi... Desidero imparare a fare le