L'angolo di Don Camillo. Il rispetto (e la bandiera della signora Cristina)

 
La signora Cristina, il "monumento nazionale" per dirla alla Guareschi, un giorno morì.
Era il 1946. Lei, monarchica, diede, prima di spirare, disposizioni per il suo funerale: voleva la bandiera del re. Non quella della repubblica, ma quella del re perché "i re non si mandano via". E poco importa se c'era stato il referendum, la signora Cristina voleva che la sua bara fosse avvolta nella bandiera con lo stemma.

"... Sulla cassa voglio la bandiera (...) La mia bandiera, con lo stemma (...) Dio ti benedica anche se sei bolscevico, ragazzo mio", disse, rivolgendosi a Peppone. E poi chiuse gli occhi e non li riaperse più.

Immaginiamo quale turbamento una simile richiesta potesse provocare in un sindaco comunista, che certo non poteva rispettare a cuor leggero una simile volontà.

Chi ama Don Camillo sa benissimo quale fu la decisione di Peppone: Peppone accontentò la sua maestra.  Ma, a mio avviso, la grandezza di questo episodio non sta nel gesto in sé (accontento una vecchietta a cui sono affezionato), quanto nella motivazione che spinge il sindaco a compiere l'ultima volontà della maestra: il rispetto. In questo caso, il rispetto per i morti e il rispetto per una persona che aveva dedicato tutta la sua vita all'insegnamento e che al suo ruolo non aveva mai rinunciato. Una persona che, sebbene si fosse fatta ampiamente sorpassare dal futuro, senza riuscire a stare al passo con i veloci cambiamenti, era rimasta profondamente coerente con se stessa e con le sue idee, anche se diametralmente opposte a chi aveva il potere in quel momento. Una maestra che non si faceva scrupoli a criticare  e che prima di morire disse a Peppone: "Tu sei il sindaco e questo è il mio testamento (...). I miei libri tienli tu che ne hai bisogno. Devi fare molti esercizi di comporre e studiare i verbi". E Peppone, a sentire quelle parole, non le fece un sorrisetto accondiscendente, il contentino che si dà a una vecchia svitata in punto di morte, ma le rispose con un "Sissignora". Niente parole di circostanza, niente salamelecchi. "Sissignora".

Torniamo a noi. Il rispetto. Senza perdermi in inutili prediche che renderebbero solo troppo lungo questo post, mi limito a ripetere ciò che sostengo spesso: un confronto non si basa sull'insulto a prescindere. Sempre più spesso non si sta neanche più a sentire l'altra persona, semplicemente la si incasella sotto il giudizio prestabilito dalla corte marziale del politicamente corretto.  
Ci avete fatto caso? C'è sempre qualcuno che ha più diritto di altri di dire la sua e di sotterrarti di insulti per partito preso. Esempio, per stare  in tema letterario. Ti piace Guareschi? Ti rispondono subito: "Non usi la tua intelligenza!!! Ignorante!!!". Cioè: ti piace Guareschi, il reazionario Guareschi, il cattolico Guareschi e automaticamente sei scema .

Ma, per esempio, ti piace Guareschi e parli male di Calvino? Uhhh, come osi parlare male di Calvino? Quello era un genio a prescindere. Chi ama Calvino è sicuramente più intelligente di chi ama Guareschi.
 Chi ama Calvino lo dice e se ne vanta e può insultare chi ama Gureschi; chi ama Guareschi dovrebbe dirlo un po' in sordina, chiedere scusa a chi ama Calvino e guai a criticarlo pena la dannazione eterna, cospargersi il capo di cenere e ammettere che sì, un po' scemo e ignorante lo è, in fondo in fondo.

Ecco il politicamente corretto e questo è solo un assaggino letterario...

  Tornando a noi, perché qui l'argomento rischia di espandersi a macchia d'olio, leggiamo cosa dice Peppone ai suoi compagni - che non volevano che l'ultima volontà della maestra venisse rispettata - , quando decide di portare la bara della signora Cristina avvolta nella bandiera del re.

"In qualità di sindaco" disse "vi ringrazio per la vostra collaborazione , e come sindaco approvo il vostro parere di evitare la bandiera richiesta dalla defunta. Però siccome in questo paese non comanda il sindaco ma comandano i comunistri, come capo dei comunisti vi dico che me ne infischio del vostro parere e domani la signora Cristina andrà al cimitero con la bandiera che vuole lei perché io rispetto più lei da morta che voi tutti vivi, e se qualcuno ha qualcosa da obiettare lo butto giù dalla finestra! Il signor prete ha qualcosa da dire?"
"Cedo alla violenza" rispose allargando le braccia don Camillo che era rientrato nella grazia di Dio.
E così il giorno dopo la signora Cristina andò al cimitero nella bara portata a spalla da Peppone, dal Brusco, dal Bigio e dal Fulmine. E tutt'e quattro avevano al collo i loro fazzoletti rossi come il fuoco, ma sulla bara c'era la bandiera della signora maestra.
Cose che succedono là, in quel paese stramapalato dove il sole picchia martellate in testa alla gente e la gente ragiona più con la stanga che col cervello, ma dove, almeno, si rispettano i morti. 

 (G. Guareschi, Don Camillo, BUR, Milano 2014 30, pp. 245, 247)

Oggi sapremmo essere come Peppone, disposto a prendersi la responsabilità di un funerale della signora Cristina? Fedele alla sua maestra, ma al contempo fedele alla sua idea (non a caso Peppone e i suoi compagni indossano il fazzoletto rosso)?

Commenti

  1. Bella disamina, che condivido, su un episodio della saga di Guareschi che non viene citato abbastanza. Tra l'altro, a mio parere, è uno di quelli che è stato meglio trasposto su pellicola, mentre altri sappiamo bene come siano stati variamente edulcorati se non profondamente cambiati, come lo stesso Guareschi ebbe a lamentarsi.
    Confesso, però, che non mi ero mai soffermato su quel "sissignora" di Peppone. Ogni volta che guardo questo episodio in televisione faccio fatica a trattenere i lucciconi. Ora, per colpa sua, li avrò anche quando sentirò quel "sissignora". :-)

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