Passa ai contenuti principali

I virus influenzali degli uomini sono diversi da quelli delle donne

 

Sono giorni che non scrivo, ma è una settimana in compagnia dei virus influenzali che, a turno, passano a trovare ciascun membro della famiglia.

Stavo pensando, però: quando mio figlio è ammalato, giustamente dorme.
Quando a essere ammalato è mio marito, giustamente dorme, perché con la febbre a 37.1, si sa, si sta malissimo...
Quando sono ammalata io,  mi imbottisco di tachipirina, vado a lavorare, sistemo casa, accompagno e riprendo all'asilo, preparo merende, cucino e la sera stramazzo, col capello stile Medusa e  l'occhiaia gotica.

A questo punto mi domando se i virus influenzali subiscano mutazioni strane a seconda che si accomodino  in un corpo maschile o femminile; propendo però per  il caro vecchio luogo comune, per cui le donne semplicemente non ci fanno caso. All'influenza. Cominciano a sventolare bandiera bianca solo quando la febbre sale a 39. L'uomo semplicemente la sventola prima, uno sventolio preventivo, direi.

C'è da dire che le giornate sono sempre piene di cose da fare, di cose per sé, ma soprattutto per gli altri. Allora, appena puoi raccattare un mucchietto di forze, le spendi per fare qualcosa, per esserci. Questo senso di responsabilità si accentua con tinte melodrammatiche e insieme epiche durante l'influenza: come farà il mondo ad andare avanti senza di me, se me ne sto mezza giornata spalmata sul divano con il plaid a guardare programmi trash alla tv? In fondo, lo diceva anche Alda Merini che

Chi regala 
le ore agli altri
vive 
in eterno

La verità è che si potrebbe benissimo osare riposarsi, ma forse non lo si vuole per davvero. Perché in fondo piace sentirsi indispensabili e soprattutto piace poter fare ironia sull'uomo influenzato. Che soffre, terribilmente .

Commenti

Post popolari in questo blog

Primavera, come fosse un viaggio

 Domani sarà primavera... Ogni anno mi stupisce sempre. Mi capita spesso di guidare e di ritrovarmi stupita, nel percorrere gli stessi viali casa-scuola, perché gli alberi improvvisamente sono di una bellezza lussureggiante, impreziositi di fiori bianchi e rosa. E fino al giorno prima non c'erano. Ma forse ero io che non ci avevo fatto caso. La primavera è la stagione in cui imparare a viaggiare. Veramente, metaforicamente. Percorrere una strada è anche godere delle bellezze di quella strada, ricordandosi che è necessario lo sguardo alto, curioso e non sempre concentrato verso i nostri piedi. Così vi lascio Itaca di Costantino Kavafis . Per augurarvi che domani la primavera inizi come un viaggio, che fa nuove le cose. ITACA Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere, non sarà questo il genere di incontri se il pensiero resta alto e u...

L'angolo di Don Camillo. Il rispetto (e la bandiera della signora Cristina)

  La signora Cristina , il "monumento nazionale" per dirla alla Guareschi, un giorno morì. Era il 1946. Lei, monarchica, diede, prima di spirare, disposizioni per il suo funerale: voleva la bandiera del re. Non quella della repubblica, ma quella del re perché "i re non si mandano via". E poco importa se c'era stato il referendum, la signora Cristina voleva che la sua bara fosse avvolta nella bandiera con lo stemma. "... Sulla cassa voglio la bandiera (...) La mia bandiera, con lo stemma (...) Dio ti benedica anche se sei bolscevico, ragazzo mio ", disse, rivolgendosi a Peppone. E poi chiuse gli occhi e non li riaperse più . Immaginiamo quale turbamento una simile richiesta potesse provocare in un sindaco comunista, che certo non poteva rispettare a cuor leggero una simile volontà. Chi ama Don Camillo sa benissimo quale fu la decisione di Peppone: Peppone accontentò la sua maestra.  Ma, a mio avviso, la grandezza di questo episodio non sta nel ...

La poesia non serve a niente?

 Da lontano Qualche volta, piano piano, quando la notte si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio e non c'è posto per le parole e a poco a poco ci si raddensa una dolcezza intorno come una perla intorno al singolo grano di sabbia, una lettera alla volta pronunciamo un nome amato per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato. ( Pierluigi Cappello , Da lontano , in Mandate a dire all'imperatore , Crocetti, Milano 2010, p. 47.) I miei studenti, soprattutto quelli che si mettono le mani nei capelli tutte le volte che c'è da fare una parafrasi, mi chiedono spesso: "Ma prof., a cosa serve la poesia? Cioè, veramente c'è qualcuno che viene pagato per scrivere poesie?". La risposta alla seconda domanda è molto facile: "no". O meglio: di solito i poeti non vivono di poesia. Se percepiscono un compenso, diciamo che questo compenso, nella maggior parte dei ...