È arrivata la neve e con lei l'inverno. Nei giorni scorsi qui tutto ero grigio di nebbia e i contorni si perdevano in quella coltre lattiginosa.
Questa sera la neve è arrivata copiosa. Mi ha colto alla sprovvista - non credo mai al meteo e sbaglio, lo so -, ma l'ho salutata da dietro le finestre, stringendo tra le mani una tazza fumante. La verità è che amo la neve solo se posso stare a casa, perché la neve mi induce a cercare un rifugio.
È buio, fuori dalla finestra. C'è la tenue illuminazione dei lampioni e già alcune luci di festa hanno abbandonato i balconi sulla via. Eppure, è ora che è diventato inverno per davvero, anche se il tempo della festa sta ormai volgendo al termine.
Guardo i fiocchi che cadono, accarezzo la testolina bionda di mio figlio e metto sulle spalle un morbido plaid. Apro il computer. Mi piace scrivere nel silenzio della sera e mi piace immaginare che i fiocchi di neve, le ore notturne, i silenzi siano la cornice per un ticchettio operoso di chissà quanti altri. D'altra parte, anche la mia amata Alda Merini lo diceva, in quel suo modo che sa di eternità...
I poeti lavorano di notte
I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quand tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio,
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
Alda Merini (da Destinati a morire).
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