Passa ai contenuti principali

I muffin ai mirtilli di Rimbaud



No, non so se Rimbaud mangiasse muffin ai mirtilli, probabilmente neanche sapeva cose fossero i muffin ai mirtilli, ma visto che, quando ho scritto della locanda verde, mi sono anche sbafata i muffin ai mirtilli, ecco che quei muffin sono stati ribattezzati "Muffin ai mirtilli di Rimbaud".

Quante volte ho scritto muffin ai mirtilli?

E, visto che l'avevo promesso, ecco qui la ricetta. Con una premessa: la forma è sicuramente quella dei muffin, ma qui non c'è la distinzione tra ingredienti secchi e liquidi che vanno miscelati prima separatamente e poi insieme. Si mette tutto nella stessa ciotola, subito, quindi sono più tortini che muffin, almeno credo. Però nel ricettario (un inserto di Cucina moderna, intitolato Cake) sono chiamati muffin.

In ogni caso, sono proprio buoni!

Ingredienti (rispetto all'originale, ho messo meno mirtilli e meno zucchero)
250 gr di farina 0
1 bustina di lievito per dolci
2 uova
120 gr. di mirtilli (200 gr. nella ricetta)
120 gr. di zucchero (150 gr. nella ricetta)
250 ml di latte
100 gr. di burro

 
Montate le uova con lo zucchero. Aggiungere poi il burro morbido a pezzi, la farina con il lievito, e versare poco alla volta il latte, finché non si ottiene un composto omogeneo. Infine, incorporare i mirtilli lavati e asciugati mescolando delicatamente.

 Riempire per 3/4 gli stampini dei muffin e infornare per 20 minuti a 180°.

Commenti

Post popolari in questo blog

L'angolo di Don Camillo. Il rispetto (e la bandiera della signora Cristina)

  La signora Cristina , il "monumento nazionale" per dirla alla Guareschi, un giorno morì. Era il 1946. Lei, monarchica, diede, prima di spirare, disposizioni per il suo funerale: voleva la bandiera del re. Non quella della repubblica, ma quella del re perché "i re non si mandano via". E poco importa se c'era stato il referendum, la signora Cristina voleva che la sua bara fosse avvolta nella bandiera con lo stemma. "... Sulla cassa voglio la bandiera (...) La mia bandiera, con lo stemma (...) Dio ti benedica anche se sei bolscevico, ragazzo mio ", disse, rivolgendosi a Peppone. E poi chiuse gli occhi e non li riaperse più . Immaginiamo quale turbamento una simile richiesta potesse provocare in un sindaco comunista, che certo non poteva rispettare a cuor leggero una simile volontà. Chi ama Don Camillo sa benissimo quale fu la decisione di Peppone: Peppone accontentò la sua maestra.  Ma, a mio avviso, la grandezza di questo episodio non sta nel ...

L'angolo di Don Camillo: la Gisella. Come affrontare la realtà

 Scusate l'assenza di questi giorni, ma a volte il tempo scorre via  veloce, tra lavoro (chi insegna sa che queste sono le famigerate settimane dei recuperi! Mgliaia di verifiche da correggere!), famiglia e tante  cose da fare. Ma eccomi al venerdì, eccomi alla rubrica dedicata al mio amato Guareschi e al suo don Camillo. Dalla prossima settimana prenderò in considerazione altri libri del Mondo Piccolo ; oggi mi soffermerò ancora su Don Camillo, nella 30esima edizione Bur, pagina 230. Questo l'antefatto: la Gisella, fervente comunista del gruppo di Peppone, viene trovata legata e incappucciata con il sedere dipinto di rosso. Peppone interpreta questo gesto come una "sanguinosa offesa alla massa proletaria". Dichiara uno sciopero e vuole che tutto, al paese, si fermi. Compreso l'orologio della torre del campanile. Va quindi da Don Camillo e gli intima di far fermare l'orologio; anzi, dichiara che, se non lo fermerà il sacrestano, lo fermerà lui stesso...

La poesia non serve a niente?

 Da lontano Qualche volta, piano piano, quando la notte si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio e non c'è posto per le parole e a poco a poco ci si raddensa una dolcezza intorno come una perla intorno al singolo grano di sabbia, una lettera alla volta pronunciamo un nome amato per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato. ( Pierluigi Cappello , Da lontano , in Mandate a dire all'imperatore , Crocetti, Milano 2010, p. 47.) I miei studenti, soprattutto quelli che si mettono le mani nei capelli tutte le volte che c'è da fare una parafrasi, mi chiedono spesso: "Ma prof., a cosa serve la poesia? Cioè, veramente c'è qualcuno che viene pagato per scrivere poesie?". La risposta alla seconda domanda è molto facile: "no". O meglio: di solito i poeti non vivono di poesia. Se percepiscono un compenso, diciamo che questo compenso, nella maggior parte dei ...