Avete mai notato che, sempre più spesso, tendiamo ad urlare?
Urliamo più o meno tutti, nella quotidianità e non solo in momenti eccezionali. I toni sono sempre alti, si urla al cellulare, e sempre più spesso capita di ascoltare intere telefonate altrui, come se le conversazioni dovessero diventare di dominio pubblico, salvo poi invocare la legge sulla privacy. C'è gente che urla addirittura sui social perché vuole farsi ascoltare e non sa che un orecchio attento - seppur virtuale - si conquista con la gentilezza e la pacatezza.
Ci sono giorni in cui ho un grande bisogno di silenzio. Che non è evasione, ma una necessità: alzare sempre i toni copre tante verità; per essere autentici, è necessario ritrovare il silenzio.
Per questo amo il lago e chi mi legge dall'inizio, da prima della grande pausa, lo sa. Vivo a circa un'ora di strada dal lago di Iseo, che spesso diventa la meta di gite non programmate, di quei "Dove andiamo?" dopo pranzo, quando la pigrizia domenicale lascia il posto al desiderio di muoversi, di andare. Ed è la meta di quei momenti in cui si sente il bisogno di dire basta per qualche ora alle solite consuetudini, alle cose da fare e da dire.
Il lago mi rassicura, con quell'acqua cristallina abbracciata dalle montagne; si muove in piccole onde al passaggio dei battelli e poi torna calmo. L'odore dell'acqua dolce ha quel sentore antico, sempre uguale e l'aria frizzante di gennaio, quando c'è il sole, promette già una primavera meno distante, anche se ancora lontana.
Mi piace arrivare a Sulzano, prendere il battello e arrivare a Montisola, salire alla chiesa di Peschiera Maraglio e poi ancora più su, a rimirare il lago. Lì davvero si sente solo il rumore del respiro, si sentono voci, ma solo se si vuole parlare. Il tempo pare immobile eppure cambia, insieme alla luce sull'acqua e tra gli ulivi.
Ma solo nel silenzio si apprezza il mutare della luce nei mesi dell'anno. Se urliamo, se corriamo, non ci rendiamo conto.
Forse è per questo che nessuno legge più poesie, se non sporadicamente: ci sembra di non avere il tempo. Non abbiamo la forza di ascoltare in silenzio ciò che i versi hanno da dirci, lo sforzo di comprendere qualcosa che non sia immediato può apparire immane, inutile, ci dà fastidio.
I bambini, invece, sanno amare il silenzio. Si concentrano come solo loro sanno fare, sono dei veri maestri. Possono passare decine di minuti a guardare l'acqua, senza parlare, e ad emozionarsi per un'alga e un pesce, "proprio quell'alga e quel pesce lì, li vedi?". Seguono il loro pesce finché non lo perdono di vista, si lasciano catturare dal movimento di un'alga, mentre a te, adulto, sembravano tante alghe, tutte uguali e magari anche brutte.
Aveva ragione Pascoli. "È dentro noi un fanciullino...".
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