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L'angolo di Don Camillo - Il Crocifisso nelle scuole

 
 Quella sul Crocifisso nelle scuole è una battaglia che dura da tempo, forse da molto più di quanto tanti di noi credano.

I detrattori del Crocifisso sostengono che in un Paese laico non abbia alcun senso mettere un simbolo religioso nelle scuole. Non solo contraddice la laicità dello Stato, ma addirittura risulta offensivo per tutti coloro che sono atei o professano religioni diverse dal cristianesimo.

Chi invece è a favore del Crocifisso risponde ai detrattori parlando di simbolo non solo religioso, ma anche culturale: l'Italia affonda le proprie radici culturali nella cultura cristiana (basti pensare, per esempio, alle vacanze per il S. Natale, per la Pasqua, l'Immacolata Concezione, o al riposo domenicale) e negarlo non avrebbe alcun senso. Anzi, sarebbe una pericolosa perdita di identità. Quale che sia la vostra posizione, è utile ricordare che l'esposizione del Crocifisso negli edifici pubblici è stata normata dal regio decreto n. 965 del 1924, (ma già la Legge Casati del 1859 lo prevedeva come arredo scolastico) mai abrogato, passando per la legge 641/1967, la nota del 5 ottobre 1984, ed è stata comunque contrastata da molte sentenze, poi spesso ribaltate, soprattutto negli ultimi anni.

 E ci sono state voci di autorevoli intellettuali non cattolici che si sono schierati a favore del Crocifisso, come Natalia Ginzburg  della quale potete leggere qui le parole in merito alla questione (l'articolo apparve su L'Unità, il 22 marzo 1988).

Riferimenti alle controversie sull'esposizione del Crocifisso ci arrivano sempre dal nostro Don Camillo, nel dialogo tra la celeberrima maestra Cristina e i rossi, che, vinte le elezioni, hanno bisogno della "scuola serale" per fare "un po' di ripasso".

Da un pezzo s'era ritirata dall'insegnamento e viveva sola in quella remota casetta, ma avrebbe potuto lasciare spalancate le porte perché la "signora Cristina" era un monumento nazionale e nessuno avrebbe osato toccarle un dito. 
 «Cosa c'è?» chiese la signora Cristina. 
 «È successo un fatto» spiegò lo Spiccio.«Ci sono state le elezioni comunali e hanno vinto i "rossi"» «Brutta gente i "rossi"», commentò la signora Cristina.
 «I "rossi" che hanno vinto siamo noi», continuò lo Spiccio.
 « Brutta gente lo stesso!» insisté la signora Cristina.« Nel 1901 quel cretino di tuo padre voleva che togliessi il Crocifisso dalla scuola». 
«Altri tempi» disse lo Spiccio. «Adesso è diverso»
 « Meno male» borbottò la vecchia.«E allora?» 
«Allora il fatto è che abbiamo vinto noi, ma ci sono anche due della minoranza, due "neri"». 
 « "Neri"?» 
 «Sì, due reazionari: Spilletti e il cavalier Bignini...» 
La signora Cristina ridacchiò: 
 «Quelli, se siete rossi, vi faranno diventare gialli dall'itterizia! Figurati con tutte le stupidaggini che direte!»
 «Per questo siamo qui» borbottò lo Spiccio. «Noi non possiamo che venire da lei, perché soltanto di lei possiamo fidarci. Lei, si capisce, pagando, ci deve aiutare».
 «Aiutare?» «Qui c'è tutto il consiglio comunale. Noi veniamo per i campi la sera tardi, e lei ci fa un po' di ripasso. Ci riguarda le relazioni che dovremo leggereci spiega le parole che non riusciamo a capire [... ].» 
La signora Cristina scosse gravemente il capo.
 «Se voi invece di fare i mascalzoni aveste studiato quando era ora, adesso...» 
«Signora, roba di trent'anni fa...» 
La signora Cristina inforcò gli occhiali, ed eccola col busto diritto, come ringiovanita di trent'anni. E anche gli altri erano ringiovaniti di trent'anni. 

(G. Guareschi, Don Camillo, BUR, Milano 2014 30, pp. 49-50).

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