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Praticare gratitudine (e un aforisma in regalo)

 


Viviamo in un mondo in cui generare speranza sembra un peccato mortale. 

Circondati da paure e patemi, sopportiamo a stento ciò che siamo. Non ci piacciamo, non ci tolleriamo, quindi figuriamoci se ci piacciono o tolleriamo gli altri. Al massimo li invidiamo, poi se a quelli va male qualcosa, sotto sotto ci godiamo pure. 

Ovunque, gente stufa, gente stanca. Gente che arranca fino a sera, che attende il week end perché il resto della settimana gli fa schifo. Perché deve lavorare, perché si fa fatica, perché, perché... 

Bisogna fare i conti con una realtà che a volte è difficile, risparmiare per il mutuo e le bollette, alzarsi presto la mattina, fare servizio taxi per i figli. 

Sui social,  poi, sono tanti i post che sostengono che la maternità sia solo sacrificio. Un figlio è praticamente una sentenza di ergastolo, senza possibilità di appello.

La vita come tedio, se non dolore. 

Roba che se uno non vive con il perenne esaurimento nervoso, vuol dire che è al di fuori dalla realtà.

In questi anni, ho provato a cambiare strategia. 

Non che non sia stata contagiata da questo pessimismo strisciante e pervasivo, che ti si attacca addosso come i pelucchi di un maglione peloso. Ma a un certo punto, ho detto basta. 

Ho detto basta a questa narrazione depressiva, di cui non volevo più essere complice, tre anni fa, quando il mio mondo è stato completamente rovesciato da provvedimenti politici insensati e coercitivi (di cui si parla ancora oggi, ma mai abbastanza). Ed è stato quando tutto sembrava perduto, quando non si poteva più fare nulla se non tentare di sopravvivere a ogni giornata mantenendo un equilibrio decente, che si è vista la Grazia.

 Ho stretto amicizie che hanno resistito al tempo. Ho sperimentato cosa significa esserci senza troppi formalismi, io per gli altri e gli altri per me. Le cene improvvisate con gli amici, i panini al salame, gli aperitivi sul divano con persone fino a poche settimane prima sconosciute, diventate amiche nella difficoltà.

La gratitudine. L'ho sperimentata davvero, allora. 

Da quel momento, sono grata per tutto. Perché ci vedo e ci sento, perché ho gambe per camminare e correre, mani per toccare e lavorare. Perché ho una casa e perché mangio tutti i giorni. Perché ho un lavoro e uno stipendio dignitoso e mi pagano anche per spiegare Dante, quindi direi che me la passo bene. 

Perché la musica è una costante della mia vita, così come i libri impilati sul comodino e in ogni angolo della casa.

Ma soprattutto perché ho costruito una famiglia che amo e che mi ama, una famiglia che è la roccia su cui poggiare l'esistenza. 

Praticare la gratitudine è un esercizio, all'inizio, che poi diventa abitudine. E cambia davvero le prospettive, anche se materialmente non cambia nulla. 

Ora, cosa c'entra tutto ciò in un blog che parla di libri, letteratura e incursioni nel mondo del cioccolato? C'entra perché la letteratura è bellezza, i libri sono bellezza e la gratitudine può davvero svelare la bellezza in ogni momento, anche della giornata di nebbia in val padana. 


SOLO LE COSE BUONE HANNO IL DIVENIRE DEL CIELO 

(Alda Merini) 


Commenti

  1. I libri sono magia, come un tappeto volante portano il lettore ovunque desideri andare, proprio come farebbe il genio che fuoriesce strofinando una lampada https://media.tenor.com/7MWW6Dl5XTcAAAAM/aladdin-jasmine.gif https://media.tenor.com/7MWW6Dl5XTcAAAAM/aladdin-jasmine.gif

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