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L'angolo di don Camillo: il voto (tra Dante e Guareschi)

 


Nel canto IV del Paradiso, Dante, dopo aver incontrato nel cielo della luna Piccarda Donati e le anime che non hanno adempiuto ai voti, chiede spiegazioni a Beatrice circa la natura del voto e circa la possibilità di poterlo compensare in altro modo. 
La bellissima Piccarda Donati racconta infatti a Dante nel canto III che, giovinetta, si era chiusa in un convento dell'ordine delle clarisse; da lì, però, era stata rapita da "uomini al mal più che al bene usi" e costretta a sposarsi contro la sua volontà. La stessa sorte viene attribuita a Costanza d'Altavilla, madre dell'imperatore Federico II di Svevia e, nella Commedia, vicina a Piccarda. 
Nel canto V, per rispondere ai dubbi di Dante, Beatrice chiarisce la natura del voto e la possibilità di permutarne la materia. 
Leggiamo le parole di Dante

Or ti parrà, se tu quinci argomenti,
l’alto valor del voto, s’è sì fatto
che Dio consenta quando tu consenti. (vv.24-27)
[...]

Due cose si convegnono a l’essenza 
di questo sacrificio: l’una è quella
di che si fa; l’altr’è la convenenza. (41-45)

[...]

L’altra, che per materia t’è aperta,
puote ben esser tal, che non si falla
se con altra materia si converta.

Ma non trasmuti carco a la sua spalla
per suo arbitrio alcun, sanza la volta
e de la chiave bianca e de la gialla;


e ogne permutanza credi stolta,
se la cosa dimessa in la sorpresa
come ’l quattro nel sei non è raccolta. (52-60)

Parafraso in modo libero:

Ora ti sarà chiaro, se parti da qui con la tua argomentazione, l'alto valore del voto, che per essere tale deve essere  fatto in modo che Dio consenta quando tu consenti [nelle terzine precedenti si spiega che nel voto l'uomo sacrifica la libertà della volontà].
Due cose sono necessarie affinché si compia il voto: uno è la materia del voto; l'altro è il patto. 
La materia del voto può essere tale che non si sbaglia se viene convertita in altra materia. 
Ma nessuno osi permutare la materia del voto in modo arbitrario, senza l'autorità della Chiesa; e considera stolta ogni permutazione in cui la cosa lasciata non sia contenuta in quella scambiata come il quattro nel sei. 

Ora, quando spiego questo canto ai ragazzi, di solito fanno molta fatica a comprenderne il significato. Cosa vuol dire che la materia lasciata deve essere contenuta in quella scambiata come il quattro nel sei? 

Ecco che allora ricorro al mio Giovannino, con il racconto Il voto, contenuto nell'Anno di don Camillo, nella sezione "Autunno". 

Antefatto. 
E' autunno, il terreno è fangoso, continua a piovere, i campi soffrono e  la nebbia si taglia con il coltello. Don Camillo girovaga per i campi con Ful, il suo cane, nel vano tentativo di cacciare qualcosa;  ma con quel pantano è difficile anche camminare, nonostante gli stivali di gomma. 
Visto che cala la nebbia, don Camillo decide di prendere la via del ritorno; proprio in quel momento, il cane si blocca e ringhia all'indirizzo di una figura minacciosa, senza testa. In realtà , è Peppone che sulle spalle porta il suo bambino di cinque anni, a cui ha buttato in testa il suo tabarro per proteggerlo dal freddo. 

Come al solito, tra prete e sindaco inizia un battibecco, ma a un bel momento, Peppone slitta nel fango; è pericoloso, ha sulle spalle il bambino. Così, Don Camillo, che indossa gli stivali, si fa caricare sulle spalle il bambino. E' a quel punto che si accorge che il piccolino ha la febbre e rimprovera Peppone di portarlo in giro con quel tempaccio. Peppone urla che, anche se lo porterà a casa, non cambierà nulla, perché sono due mesi che il bimbo ha la febbre e nessuna medicina è in grado di guarirlo. 
E così, il racconto cambia totalmente il passo. 

- Quo vadis, Peppone?
- Quo vadis dove voglio io e quo vienis un accidente a voi e a tutti i clericali dell'universo! Vado in un posto dove devo andare!
- Sta bene: e non ci puoi andare per la strada?
- No! No! Devo andarci per i campi. Per la strada non posso andarci. Io posso umiliarmi davanti al Padreterno, ma non davanti ai preti e ai loro complici! 
Don Camillo guardò la faccia sconvolta di Peppone.
- Non parlo più - borbottò. - Andiamo. 
- Il bambino lo devo portare io.
- Non occorre; piglia su in spalla quel ciocco: è più pesante del bambino e, anche se caschi, non si fa male. Io ho gli stivaloni e il bambino è al sicuro. 
Peppone raccolse il ciocco che era lì, a lato della carrareccia, e se lo caricò in spalla. 
[...]
Come erano lunghi quei chilometri.
E dovettero contarne quindici di chilometri, prima di arrivare. 
Finalmente, quando ormai la nebbia era diventata opaca, apparve la mole scura. 
Una gran fabbrica di mattoni anneriti dagli anni (...)che trecent'anni prima era soltanto una cappelletta e poi era diventata il santuario della Madonna dei campi. 
Peppone gettò il ciocco e prese il bambino. [...]
Don Camillo rimase ad attendere davanti alla porta e Peppone entrò con il suo bambino in groppa. (...) Poi, per star più comodo, si inginocchiò su un sasso e disse alla Madonna dei campi le cose che Peppone non avrebbe saputo dirle.


Mi fermo qui, non voglio togliervi il gusto di scoprire questo racconto straordinario, un vero e proprio trattato teologico nella forma di un raccontino all'apparenza semplice, eppure così intenso. 
Ecco spiegati i versi di Dante:

 e ogne permutanza credi stolta,
se la cosa dimessa in la sorpresa
come ’l quattro nel sei non è raccolta.

Peppone ha fatto un voto e deve portare sulle spalle, per quei quindici lunghi chilometri, sprofondando nel fango, il suo bambino, fino al santuario. Visto che quel tragitto per il bambino è pericoloso, don Camillo gli dice: piglia in spalla quel ciocco: è più pesante del bambino. 
Sostituisce così la materia, ma, come dice Dante, la materia sostituita sta in quella nuova come il quattro nel sei.
Il ciocco è infatti più pesante del bambino, E così Peppone può tener fede al suo voto, senza rischiare di fare del male al suo piccolino. 

Guareschi in questo raccontino aggiunge qualcosa in più. Il valore prezioso di un amico autentico, che porta il peso del tuo sacrificio sulle sue stesse spalle, e ti accompagna per quindici chilometri nella nebbia e nel pantano. 

Come sempre, quando leggo queste pagine meravigliose, mi chiedo per quale scellerato motivo ancora oggi si continui a lasciar fuori Guareschi dalle scuole. O meglio, la risposta ce l'ho, ma visto che si tratta di questioni meramente politiche, non posso che considerarlo un autentico delitto culturale. 


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