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L'angolo di don Camillo: Cinque più cinque. Fede e amicizia

 


Nello scorso post dell'angolo di don Camillo, abbiamo visto come Guareschi sappia spiegare, in termini davvero semplici e accessibili, il significato del voto. 

Ma abbiamo anche potuto leggere di una storia di amicizia, nonostante i battibecchi e le incomprensioni. Amicizie vere, che sono legami di anima, al di là delle contingenze. 

In Don Camillo, un altro racconto esemplare è "Cinque più cinque". 

Anche qui, abbiamo un Peppone disperato perché suo figlio sta morendo. Sono tempi bui per sindaco e parroco, non si guardano più, figuriamoci se si parlano, a causa delle solite questioni politiche. 

Ma ecco che, una sera, Peppone arriva in chiesa con un pacco lungo e stretto, contenente cinque torce di cera grosse come "un palo di vigna". 

"Sta morendo", disse Peppone. "Accendetele subito". 

Don Camillo (...) si accinse a disporle davanti al Cristo. 

"No", disse con rancore Peppone "quello lì è uno della vostra congrega. Accendetele davanti a quella là che non fa della politica". 

A questa risposta, Don Camillo prova una voglia irrefrenabile di spaccare la testa al sindaco, ma decide di tacere e di accendere i ceri davanti alla Madonna. 

Prosegue Peppone "Diteglielo!". E così Don Camillo si inginocchia e dice alla Madonna che quei cinque ceri glieli ha portati Peppone perché aiutasse il suo bambino. 

Finita la preghiera, Peppone è scomparso. Inizia un meraviglioso dialogo tra don Camillo e il Cristo, in cui Don Camillo giustifica Peppone per non aver voluto mettere i ceri davanti al Cristo per ragioni politiche. E il Cristo sorride, gli fa piacere che il sindaco abbia onorato sua mamma. 

Don Camillo però non è tranquillo. Anche se sa che le parole di Peppone sono dettate dalla disperazione e anche se sostiene con il Cristo che Peppone non abbia mai detto "Quella là", ma  "La Beata Vergine Santissima che sta in quella cappella là", non vuole che al Cristo venga fatto un torto. E non vuole che Peppone possa essere in una situazione di torto. 

Così esce e poi torna con un pacco con dentro altri cinque ceri, un po' più piccoli degli altri, e va ad accenderli davanti al Cristo.

"[Peppone] mi ha portato cinque candele da accendere anche a Voi!"

"Si direbbe persino che mandino più luce delle altre", osservò don Camillo. 

E veramente mandavano più luce delle altre perché erano cinque candele che don Camillo era corso a comprare in paese facendo venir giù il droghiere e dando soltanto un acconto perché don Camillo era povero in canna. E tutto questo il Cristo lo sapeva benissimo e non disse niente, ma una lagrima scivolò giù dai suoi occhi e rigò di un filo d'argento il legno nero della croce. E questo voleva dire che il figlio di Peppone era salvo. 

 Un raccontino breve, quattro pagine. Ma c'è tutto. C'è la fede incrollabile di un uomo che pure finge di non avere fede. C'è il sacerdote che sa essere davvero uomo di Chiesa, che fa quello che deve fare, senza curarsi di eventuali risentimenti nei confronti dell'amico. 

E, dopo quella preghiera che fa bene a entrambi, c'è anche l'amico che aggiunge cinque ceri ai primi cinque, dicendo al Cristo che sono di Peppone. Che non si preoccupa di non aver soldi, non si preoccupa dell'ora tarda, non si preoccupa di nulla: dona il suo cuore a un amico che sta soffrendo. 

E una lacrima scende anche a noi, alla fine di quelle quattro preziose paginette. 

Commenti

  1. Davvero bello questo racconto e molto intimo e delicato il tuo blog che tocca momenti poetici e pagine letterarie dense di significati, grazie, Sara.

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