Il giorno di Santo Stefano, per me, è il giorno della lentezza. Archiviata la mangiata epica del 25, amo indugiare sotto le coperte fino a tardi, restare in pigiama fino all'ora di pranzo, chiacchierare, giocare, leggere.
Vivo sempre di corsa, ma, durante le vacanze, cerco di godermi gli attimi lenti, senza programmi, che sempre più spesso sono incapace di vivere, travolta dalla frenesia, dal dover fare anche quando non ce ne sarebbe alcun bisogno.
A metà pomeriggio, prima di uscire per raggiungere amici che non vedevo da tempo, mi sono concessa il lusso di un tè Pukka ginger, lemon and manuka honey. Il tè dei giorni di Natale è un regalo confortante che, puntualmente, ogni anno mi arriva dagli amici inglesi. Quest'anno, si è trattato di una selezione di tè Pukka (di cui, lo ammetto, ignoravo l'esistenza) che ora rallegra il mio tavolo e i miei pensieri.
Mentre il ginger solleticava il palato, stemperato dalla dolcezza del miele e dal profumo del limone, mi sono messa a sfogliare l'edizione italiana del Canto di Natale di Dickens, illustrata da Viktoria Fomina, nei toni onirici del verde e viola. E' un classico, lo so, anzi, addirittura scontato in queste giornate che spesso eccedono in buoni (finti?) sentimenti, ma è Il libro del Natale, il libro che ogni tanto tutti dovremmo rileggere.
"Uomo" disse il fantasma "se hai un cuore di uomo e non di pietra, cessa da certo malvagio linguaggio fino a che non saprai quali siano veramente le cose superflue e dove si trovano". (p. 84 della mia edizione)
Eccolo lì, sembrava aspettarmi nascosto tra le righe e l'inchiostro, il mio proposito per il nuovo anno: comprendere quali siano le cose superflue e quali quelle necessarie, e imparare a desiderare il superfluo sentendolo come tale e non scambiandolo per l'indispensabile.
Ah, Dickens. Poche righe che racchiudono un universo e interrogano i segreti del cuore; le domande, sempre più decise, incalzanti, portano un turbinio invisibile in una perfetta giornata di lentezza.
Il tè era intanto ancora bollente, a metà tazza.
Vivo sempre di corsa, ma, durante le vacanze, cerco di godermi gli attimi lenti, senza programmi, che sempre più spesso sono incapace di vivere, travolta dalla frenesia, dal dover fare anche quando non ce ne sarebbe alcun bisogno.
A metà pomeriggio, prima di uscire per raggiungere amici che non vedevo da tempo, mi sono concessa il lusso di un tè Pukka ginger, lemon and manuka honey. Il tè dei giorni di Natale è un regalo confortante che, puntualmente, ogni anno mi arriva dagli amici inglesi. Quest'anno, si è trattato di una selezione di tè Pukka (di cui, lo ammetto, ignoravo l'esistenza) che ora rallegra il mio tavolo e i miei pensieri.
Mentre il ginger solleticava il palato, stemperato dalla dolcezza del miele e dal profumo del limone, mi sono messa a sfogliare l'edizione italiana del Canto di Natale di Dickens, illustrata da Viktoria Fomina, nei toni onirici del verde e viola. E' un classico, lo so, anzi, addirittura scontato in queste giornate che spesso eccedono in buoni (finti?) sentimenti, ma è Il libro del Natale, il libro che ogni tanto tutti dovremmo rileggere.
"Uomo" disse il fantasma "se hai un cuore di uomo e non di pietra, cessa da certo malvagio linguaggio fino a che non saprai quali siano veramente le cose superflue e dove si trovano". (p. 84 della mia edizione)
Eccolo lì, sembrava aspettarmi nascosto tra le righe e l'inchiostro, il mio proposito per il nuovo anno: comprendere quali siano le cose superflue e quali quelle necessarie, e imparare a desiderare il superfluo sentendolo come tale e non scambiandolo per l'indispensabile.
Ah, Dickens. Poche righe che racchiudono un universo e interrogano i segreti del cuore; le domande, sempre più decise, incalzanti, portano un turbinio invisibile in una perfetta giornata di lentezza.
Il tè era intanto ancora bollente, a metà tazza.
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