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L'angolo di Don Camillo: la psicanalisi

 


Gli anni passano, le passioni restano. 

Guareschi è sempre il mio "amico"letterario, l'autore nel quale mi ritrovo quando devo aggiustare i pezzi, quando voglio sorridere, ma allo stesso tempo ricordarmi che la speranza è una virtù teologale e non un motto idiota come il pandemico "Andrà tutto bene". 

Quindi, questo blog continuerà ad ospitare la rubrica "L'angolo di Don Camillo", anche se, devo essere sincera, per questo post dovrebbe essere più correttamente "L'angolo di Guareschi". 
Il brano che vi propongo, infatti, non è tratto dai libri del Mondo piccolo, ma dall'autobiografia "Chi sogna nuovi gerani?". La stavo rileggendo perché continuo a lambiccarmi il cervello su tutta la questione inerente al processo e all'incarcerazione per la lettera di De Gasperi facente parte del cosiddetto carteggio Churchill - Mussolini di cui oggi non si sente mai parlare. Una fetta di storia che sui libri non esiste e che faccio fatica a cogliere nella sua interezza. 

Mi sono imbattuta di nuovo in un passo che mi ha sempre fatto molto ridere e molto pensare e, soprattutto visti i tempi folli del green pass appena trascorsi, lo trovo di una attualità sconcertante. 

Ovviamente, come sempre in Guareschi, non c'è nulla di politicamente corretto, per cui non si arrabbino gli psicanalisti. 

"L'individuo, dovendo vivere una turbinosa vita che lo costringe a dedicare ogni suo istante libero alle macchine, ai doveri sociali, alle esigenze del suo credo sportivo o televisivo eccetera, quando a un tratto sente il bisogno di ritrarsi in se stesso, trova il vuoto assoluto o un mucchietto di non identificati rottami. Voglio dire che, quando cerca in se stesso qualcosa di veramente suo personale, non trova niente. E allora ricorre allo psicanalista. 

La psicanalisi è una cosa molto seria. Il guaio è che quando lo psicanalista si trova davanti un cretino profondamente turbato perché incomincia a sospettare di essere un cretino, non può dirgli: "Sei un cretino". Ma, partendo dalle manifestazioni esterne del paziente, deve convincerlo che esse sono causate da complicatissimi conflitti interiori. 

Quindi potremmo dire che la nevrosi, molto spesso, è una crisi di sconforto che si manifesta quando l'individuo ha la coscienza della propria nullità, del proprio vuoto interiore". 

Sono sincera: quando spiego Svevo a scuola, e in particolar modo La coscienza di Zeno, spesso propongo questo brano. Per ricordare che coltivare la propria interiorità, mantenersi integri  - cioè fedeli a se stessi - è un esercizio che dura tutta la vita. E che crogiolarsi nella propria inettitudine, come faceva Zeno, non è esattamente il modo migliore per vivere. 

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