C'è un oggetto che fa subito intellettuale, vintage e chic(almeno per me): il Moleskine. O la Moleskine - come spesso sento dire - al punto che non ho mai capito veramente se sia femminile o maschile.
Di solito chiamo questo taccuino "il" Moleskine, essendo appunto taccuino. Ma poiché è chic fino all'ultima pagina, non escludo sia femmina, anzi, direi che è inevitabilmente femmina.
Diciamo che il Moleskine per eccellenza è quello nero. Usato da Hemingway, immortalato da Chatwin nelle Vie dei canti (che se mi immortali un taccuino a Parigi stai pur certo che poi gli giuro amore eterno) è diventato oggetto di culto da quando l'azienda milanese Moleskine, nel 1997, ha deciso di far ripartire la produzione.
Copertina rigida o morbida, carta acid free, cuciture in vista. A me fa subito ispirazione.
Nero, però, mi intristisce, troppo serio per i miei voli pindarici.
Ma qualche settimana fa, complice anche un'amica superfashion che l'ha esibito con disinvoltura coordinato alla sua sciarpa, ho deciso che dovevo avere un Moleskine. Formato large, copertina morbida. E con le pagine bianche, perché le righe mi sembrano una costrizione. Ma soprattutto, rosa. Femminile e bellissimo. Ho girato varie librerie della mia città (cronometrando tutta l'operazione, dovevo andare a prendere mio figlio all'asilo) e finalmente l'ho trovato. Preso dallo scaffale, pagato, e subito scartato e accarezzato. E' diventato così un compagno fedele delle mie giornate, un oggetto culto da tenere in borsa, sul comodino e su cui annotare tutte le idee strambe che non troverebbero posto nella seriosa agenda scolastica e che si perderebbero se le annotassi su un file. Non avrebbero modo di sedimentarsi sulla carta e di assumere la consistenza dell'inchiostro.
Per me è un quaderno che stimola la creatività, non so se per la leggenda che lo accompagna, o per il colore giallino della carta o piuttosto per l'elastico che lo tiene chiuso, rendendolo vagamente misterioso. Basta vederlo, per desiderarlo.
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