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L'angolo di Don Camillo: La medicina

  Foto By Salumificio Peveri  Anche un passero è sempre un passero: però se un passero si posa su una trave di cemento che può portare, come massimo, tremila quintali e sette grammi e che ha un carico di tremila quintali e sette grammi, la trave si spacca. Quando accadde la storia del cane, don Camillo si trovava, appunto, nella stessa situazione della trave di cemento: ecco tutto.  Così inizia un altro racconto straordinario e intenso, tratto dall' Anno di don Camillo .  Un incipit indimenticabile per spiegare un cedimento fisico e mentale di don Camillo, che crolla perché hanno pitturato di rosso il sedere del suo cane da caccia Ful. Ma poiché Ful è un cane molto intelligente, e si lascia avvicinare solo da due persone, don Camillo sa che, non essendo ovviamente lui l'autore del misfatto, l'unico responsabile dell'opera al minio può essere stato solo l'altro uomo di cui Ful si fida, e cioè Peppone. E questo per lui è un tradimento troppo grande da sopportare, in q
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Fernando Pessoa, il mal di testa e l'ibuprofene

  Con questo blog, mi sono lanciata in una sfida personale, ovvero quella di trovare riscontri letterari anche per le banalità, non poi tanto banali, del quotidiano.  Parto dai piccoli fatti, quasi da luogo comune, per avventurarmi nei dedali letterari. La letteratura parla di vita  e la vita è fatta di istanti, alcuni indimenticabili, altri all'apparenza sempre uguali a se stessi, ma che poi tanto uguali non sono. La letteratura non parla solo di grandi slanci, se vuole parla anche di pidocchi.  A noi, dunque. Qual è la banalità del giorno? Ho mal di testa. E che ci frega, direte.  Alzi la mano chi, beato lui o beata lei, non ha mai avuto mal di testa. Ecco, io ne soffro da un po' di anni, non spesso, ma quando arriva non mi pare poi tutta quella banalità di cui sopra. E credo non sia banale neanche per i miei colleghi di emicrania.  Fare lezione quando si ha il mal di testa non è particolarmente piacevole. Dopo qualche ora di interrogazione, oggi ho capitolato e ho ceduto all

Ode al pomodoro, di sabato sera

  Sabato sera.  Dopo un sabato pomeriggio trascorso a scuola. Sono stanca. Rientro e trovo sul fornello un sugo al pomodoro profumato al basilico, quei sughi densi, fatti in casa e che sanno di casa. "Stasera facciamo i panzerotti" (la pizza no, mi si è rotto il forno pochi giorni fa e ancora non l'ho sostituito). Quanto può essere rassicurante e consolatorio un sugo profumato di pomodoro?  E quanto può essere dolce e intimo il tempo speso per un panzerotto al sugo fatto in casa? Allora mi è tornato in mente un classicone, un testo da pubblicità e mi sembra anche che, anni fa, la Mutti lo utilizzasse per la sua passata. Sto parlando della celeberrima Ode al pomodoro di Pablo Neruda, tratta dalle sue Odi elementari. Buona lettura!   La strada si riempì di pomodori, mezzogiorno, estate, la luce si divide in due metà di un pomodoro, scorre per le strade il succo. In dicembre senza pausa il pomodoro, invade le cucine, entra per i pranzi, si siede riposato nelle credenze, tra

Vittorio Sereni, Via Scarlatti e i rapporti tesi dentro casa

  Rovisto nella mia libreria. Mi cade tra le mani un libro dimenticato di Vittorio Sereni .   Mi piaceva Sereni, all'università. Poi l'ho dimenticato, sepolto sotto un canone scolastico che mi propongo sempre di svecchiare, con alterne fortune. Non sempre si è capiti. Non sempre si ha voglia di farsi capire, perché scegliere poeti e autori che solitamente in quinta superiore "non si fanno", significa mettere a nudo anche la propria sensibilità.  Bisogna averne voglia. O forse il coraggio. Vittorio Sereni, stavo dicendo. Una poesia, Via Scarlatti , tratta dalla raccolta Gli strumenti umani,   raccolta poetica pubblicata nel 1965. Sull'edizione Meridiani leggo che ha voluto racchiudere in questi versi la convivenza non sempre facile nella casa dei suoi genitori, dove era tornato a vivere con moglie e figlia nell'immediato dopoguerra.  Una via. Una casa. I rapporti tesi così descritti: "Ma i volti i volti non so dire:/ombra più ombra di fatica e ira". M

L'angolo di don Camillo: Cinque più cinque. Fede e amicizia

  Nello scorso post dell'angolo di don Camillo, abbiamo visto come Guareschi sappia spiegare, in termini davvero semplici e accessibili, il significato del voto.  Ma abbiamo anche potuto leggere di una storia di amicizia, nonostante i battibecchi e le incomprensioni. Amicizie vere, che sono legami di anima, al di là delle contingenze.  In Don Camillo, un altro racconto esemplare è "Cinque più cinque".  Anche qui, abbiamo un Peppone disperato perché suo figlio sta morendo. Sono tempi bui per sindaco e parroco, non si guardano più, figuriamoci se si parlano, a causa delle solite questioni politiche.  Ma ecco che, una sera, Peppone arriva in chiesa con un pacco lungo e stretto, contenente cinque torce di cera grosse come "un palo di vigna".  "Sta morendo", disse Peppone. "Accendetele subito".  Don Camillo (...) si accinse a disporle davanti al Cristo.  "No", disse con rancore Peppone "quello lì è uno della vostra congrega. Accende

Praticare gratitudine (e un aforisma in regalo)

  Viviamo in un mondo in cui generare speranza sembra un peccato mortale.  Circondati da paure e patemi, sopportiamo a stento ciò che siamo. Non ci piacciamo, non ci tolleriamo, quindi figuriamoci se ci piacciono o tolleriamo gli altri. Al massimo li invidiamo, poi se a quelli va male qualcosa, sotto sotto ci godiamo pure.  Ovunque, gente stufa, gente stanca. Gente che arranca fino a sera, che attende il week end perché il resto della settimana gli fa schifo. Perché deve lavorare, perché si fa fatica, perché, perché...  Bisogna fare i conti con una realtà che a volte è difficile, risparmiare per il mutuo e le bollette, alzarsi presto la mattina, fare servizio taxi per i figli.  Sui social,  poi, sono tanti i post che sostengono che la maternità sia solo sacrificio. Un figlio è praticamente una sentenza di ergastolo, senza possibilità di appello. La vita come tedio, se non dolore.  Roba che se uno non vive con il perenne esaurimento nervoso, vuol dire che è al di fuori dalla realtà. In

L'angolo di don Camillo: il voto (tra Dante e Guareschi)

  Nel canto IV del Paradiso, Dante, dopo aver incontrato nel cielo della luna Piccarda Donati e le anime che non hanno adempiuto ai voti, chiede spiegazioni a Beatrice circa la natura del voto e circa la possibilità di poterlo compensare in altro modo.  La bellissima Piccarda Donati racconta infatti a Dante nel canto III che, giovinetta, si era chiusa in un convento dell'ordine delle clarisse; da lì, però, era stata rapita da "uomini al mal più che al bene usi" e costretta a sposarsi contro la sua volontà. La stessa sorte viene attribuita a Costanza d'Altavilla, madre dell'imperatore Federico II di Svevia e, nella Commedia, vicina a Piccarda.  Nel canto V, per rispondere ai dubbi di Dante, Beatrice chiarisce la natura del voto e la possibilità di permutarne la materia.  Leggiamo le parole di Dante Or ti parrà, se tu quinci argomenti, l’alto valor del voto, s’è sì fatto che Dio consenta quando tu consenti.  (vv.24-27) [...] Due cose si convegnono a l’essenza  di qu