Trasumanar significar per verba
non si porìa
(Non si può esprimere a parole il trasumanar, cioè l'andare oltre la condizione dell'umano per ascendere al Paradiso)
(Dante Alighieri, Paradiso I, vv. 70-71)
Qualche settimana fa ho introdotto il Paradiso ai miei studenti di quinta e, come ogni volta, mi sono soffermata su questi versi. Non solo perché sono la chiave per la comprensione della cantica. Ma anche e soprattutto perché sono la chiave per comprendere di che materia siamo fatti.
Dante già scriveva nell'Inferno: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza" (Inf. XXVI, 119- 120).
Siamo nati per grandi cose.
Siamo stati creati per grandi cose.
Siamo stati creati per conoscere e per avere sempre sete di conoscenza. Un libro non è solo un libro, è un porta a mondi sconosciuti e a sguardi inaspettati. La letteratura e in generale tutte le forme d'arte ci elevano, ci innalzano da una condizione orizzontale (l'uomo che guarda solo se stesso) a una verticale (l'uomo che si eleva al Cielo). E' la bellezza che salva il mondo, la pulchritudo dei agostiniana, ciò che ci trascende.
Ed ecco quindi quei versi del Paradiso. Vero che Dante, nella cantica, sostiene di poter riportare solo ciò che la sua memoria ricorda della visione del Paradiso, ma proviamo a riportare nella nostra dimensione tanto umana il significato del trasumanare. Il trasumanare è anche l'esperienza della bellezza, dell'andare oltre il meramente terreno, inteso materiale.
Oggi, invece, nell'epoca della transizione digitale, si parla di "transumanesimo", ovvero del "post umano", della commistione uomo macchina, di ciò che è oltre l'uomo perché toglie all'uomo la sua essenza e lo riduce a involucro gestito dalla tecnologia. Nulla a che vedere con il "trasumanare" dantesco.
Si inneggia all'intelligenza artificiale come risoluzione dei problemi, senza rendersi conto che se è artificiale non è intelligenza e, in ogni caso, può esistere solo perché un'intelligenza umana la programma. Così facciamo esperienze didattiche come "chiedi a Chat GPT di simulare un'intervista a Leopardi" e rimaniamo stupiti, ma di rado pensiamo anche a quanto siamo stupidi. Non è Leopardi che ci risponde, è il programma chat GPT a farlo. E qualcuno a sua volta ha programmato questo programma. Se proprio volessimo simulare un'intervista a Leopardi, potremmo chiedere agli studenti di immaginare una conversazione, di dare sfogo alla loro creatività.
Bisogna invece ripartire dall'intelligenza "naturale" e fare in modo che essa possa servirsi della tecnologia senza esserne asservita. E lo so che sembra solo retorica, ma, di pari passo allo sviluppo delle nuove tecnologie, a scuola c'è per lo più l'appiattimento del cervello. A partire dalla famosa didattica a distanza del 2020 è stata una progressiva "ruina", per dirla alla Machiavelli, e non pare esserci un'inversione di tendenza; anzi, le montagne di soldi destinate alla transizione digitale sono a dirci che andremo sempre di più in una dimensione postumana che nulla ha a che vedere con il trasumanar dantesco.
Forse, come Don Chisciotte, combatteremo contro i mulini a vento. Forse. Ma sarà utile che rimanga qualche voce critica a dire di non accontentarsi di una mera dimensione orizzontale dell'esistenza, che vale la pena volgere gli occhi al cielo, desiderare, inteso come sentire la mancanza delle stelle.
Siamo nati per grandi cose. Siamo uomini e donne. Non involucri.
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