Viva la Macchina che meccanizza la vita!
Vi resta ancora, o signori, un po’ d’anima, un po’ di cuore e di mente? Date, date qua alle macchine voraci, che aspettano! Vedrete e sentirete, che prodotto di deliziose stupidità ne sapranno cavare. [...]
È per forza il trionfo della stupidità, dopo tanto ingegno e tanto studio spesi per la creazione di questi mostri, che dovevano rimanere strumenti e sono divenuti invece, per forza, i nostri padroni.
(L. Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore)
Quest'anno Pirandello mi affascina particolarmente. Lo sto spiegando (e ristudiando) in V, sto procedendo, mi sembra, come di consueto, eppure tutto è nuovo. È il bello del mio lavoro: non è mai uguale. Anche lo stesso testo, letto 100 volte, è 100 volte diverso. E così, mi sono ritrovata a riflettere sull'intelligenza artificiale a partire da Pirandello e, in particolare, a partire dalle righe che ho riportato in apertura al post, tratte dai Quaderni di Serafino Gubbio operatore. L'anima mangiata dalla macchina vorace. Gli strumenti che non servono, ma di cui si diventa servitori o, peggio, schiavi.
Il mio non è un rifiuto della modernità, non sono così antica, né ho velleità di isolamento dal mondo; però non posso fare a meno di riflettere circa le miriadi di abilità che abbiamo perso da quando è tutto a portata di clic. È tutto facile, ma anche spersonalizzante.
Ho quindi iniziato una discussione con i miei ragazzi a proposito di chat gpt. Utilissima. Comodissima. Non ho voglia di fare un compito? Chat gpt. Devo realizzare uno schema? Chat gpt. Riesco a fare fessa la prof e a farmi fare il tema da chat gpt? Che figo.
Bene. Ho detto loro che possiedono lo strumento desiderato da generazioni di studenti. Finalmente è qui. Un coso che fa i compiti al posto nostro.
Ma poi ho aggiunto: una volta che chat gpt mi ha fatto il compito, mi ha scritto il curriculum, mi ha scritto la lettera di presentazione per l'università all'estero, mi ha scritto la tesi di laurea, mi ha scritto la relazione per il lavoro, di ME cosa resta? Cioè, io Nome Cognome, che traccia lascio davvero se ho sempre fatto finta, se mi sono reputato così scemo (parlo al maschile, ma è anche scema) da non essere in grado di mettere insieme il MIO compito, la MIA tesi, il MIO discorso, la MIA presentazione? Mi sono fatto divorare l'anima - e il cervello - dalla macchina feroce?
Mi sono fatto mettere un codice a barre sulla fronte e sono diventato un prodotto di filiera certificata Bill Gates?
I ragazzi tacciono, per lo più. Qualcuno accenna un sorrisino imbarazzato, qualcuno dice che siamo troppo pessimisti, qualcuno dice "eh, ma Pirandello però..." e resta in sospeso sul suo ma però, qualcuno prova giustamente a contraddirmi, a contraddire anche Serafino, ma rimane un po' a corto di argomenti.
Cavolo, come vorrei invece che avessero carrettate di argomenti contro quello che ho appena detto loro. Vagonate di argomentazioni contro. Proteste.
Invece, silenzio. Speriamo sia un silenzio carico di riflessioni.
La signora Cristina , il "monumento nazionale" per dirla alla Guareschi, un giorno morì. Era il 1946. Lei, monarchica, diede, prima di spirare, disposizioni per il suo funerale: voleva la bandiera del re. Non quella della repubblica, ma quella del re perché "i re non si mandano via". E poco importa se c'era stato il referendum, la signora Cristina voleva che la sua bara fosse avvolta nella bandiera con lo stemma. "... Sulla cassa voglio la bandiera (...) La mia bandiera, con lo stemma (...) Dio ti benedica anche se sei bolscevico, ragazzo mio ", disse, rivolgendosi a Peppone. E poi chiuse gli occhi e non li riaperse più . Immaginiamo quale turbamento una simile richiesta potesse provocare in un sindaco comunista, che certo non poteva rispettare a cuor leggero una simile volontà. Chi ama Don Camillo sa benissimo quale fu la decisione di Peppone: Peppone accontentò la sua maestra. Ma, a mio avviso, la grandezza di questo episodio non sta nel ...
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