Passa ai contenuti principali

Maturità 2023

 Ci siamo. Maturità 2023. Il rituale sempre uguale  - eppure mai uguale - di planaria, scritti, correzioni, orali, i soliti 40 gradi e il ventilatore che non c'è. 

Il cuore che batte a mille, non solo dei ragazzi, ma anche il mio. Ogni volta. 

La consapevolezza di essere lì, mentre tagliano un traguardo che non dimenticheranno mai, le ansie "Prof. non trovo la carta di identità", "Prof., capisce come scrivo la lettera m?".

La consapevolezza e la gioia di esserci, anche se gli sguardi si incroceranno per pochi minuti. 

E poi, ogni anno, i ricordi della mia maturità; lo stupore di quanti anni siano passati (ma io sono sempre giovanissima, ho sempre 18 anni più il resto), in quel corridoio per gli scritti e in quell'aula al piano terreno del liceo Verri di Lodi, la prima domanda "Mi parli dei canti di Ossian" e io che penso "Ma porca miseria, io porto italiano come prima materia" (nel pleistocene si portavano due materie alla maturità, delle quali però chiedevano pure le virgole nelle note a piè di pagina). E poi la discussione sul Romanticismo e la traduzione delle Storie di Tacito, fino alla stretta di mano finale e la gioia di avercela fatta. 

Questa scuola svilita dalle riforme e calendarizzata al 2030 non è ancora riuscita a togliere l'atmosfera dell'Esame per eccellenza della scuola italiana, quell'atmosfera che si tramanda di generazione in generazione, visto che Venditti lo ascoltano ancora e non è un caso. 

Faccio un lavoro bistrattato, sottopagato, ma è l'unico che alla fine vorrei fare davvero (magari con uno stipendio migliore, visto il carico di lavoro): è un osservatorio privilegiato sulle vite che sbocciano. 

Già li aspetto, all'orale, i ragazzi per la prima volta in camicia e le ragazze con il tailleur che quasi non si riconoscono mentre aspettano di entrare, e poi le urla a orale concluso. Sono già un po' più donne e un po' più uomini rispetto all'ultimo giorno di scuola, hanno già negli occhi una consapevolezza nuova. 

Che privilegio, essere lì. 





Commenti

Post popolari in questo blog

L'angolo di Don Camillo. Il rispetto (e la bandiera della signora Cristina)

  La signora Cristina , il "monumento nazionale" per dirla alla Guareschi, un giorno morì. Era il 1946. Lei, monarchica, diede, prima di spirare, disposizioni per il suo funerale: voleva la bandiera del re. Non quella della repubblica, ma quella del re perché "i re non si mandano via". E poco importa se c'era stato il referendum, la signora Cristina voleva che la sua bara fosse avvolta nella bandiera con lo stemma. "... Sulla cassa voglio la bandiera (...) La mia bandiera, con lo stemma (...) Dio ti benedica anche se sei bolscevico, ragazzo mio ", disse, rivolgendosi a Peppone. E poi chiuse gli occhi e non li riaperse più . Immaginiamo quale turbamento una simile richiesta potesse provocare in un sindaco comunista, che certo non poteva rispettare a cuor leggero una simile volontà. Chi ama Don Camillo sa benissimo quale fu la decisione di Peppone: Peppone accontentò la sua maestra.  Ma, a mio avviso, la grandezza di questo episodio non sta nel ...

L'angolo di Don Camillo: la Gisella. Come affrontare la realtà

 Scusate l'assenza di questi giorni, ma a volte il tempo scorre via  veloce, tra lavoro (chi insegna sa che queste sono le famigerate settimane dei recuperi! Mgliaia di verifiche da correggere!), famiglia e tante  cose da fare. Ma eccomi al venerdì, eccomi alla rubrica dedicata al mio amato Guareschi e al suo don Camillo. Dalla prossima settimana prenderò in considerazione altri libri del Mondo Piccolo ; oggi mi soffermerò ancora su Don Camillo, nella 30esima edizione Bur, pagina 230. Questo l'antefatto: la Gisella, fervente comunista del gruppo di Peppone, viene trovata legata e incappucciata con il sedere dipinto di rosso. Peppone interpreta questo gesto come una "sanguinosa offesa alla massa proletaria". Dichiara uno sciopero e vuole che tutto, al paese, si fermi. Compreso l'orologio della torre del campanile. Va quindi da Don Camillo e gli intima di far fermare l'orologio; anzi, dichiara che, se non lo fermerà il sacrestano, lo fermerà lui stesso...

Poesie al cioccolato

Oggi un post poetico e goloso. Stavo mangiando un pezzo di cioccolato fondente e ho pensato: quali poesie conosco che parlano di cioccolata? Me ne sono venute in mente tre, che vi propongo in ordine cronologico, dalla più recente alla più lontana.  La prima è una poesia di Alda Merini. La seconda è "Le golose" di Gozzano; non l'ho riportata integralmente, ma solo nelle parti in cui è citato il cioccolato con una punta di ironia verso d'Annunzio. Gozzano era solito frequentare il caffè Baratti e Milano di Torino e  proprio quel locale gli ha ispirato la poesia, pubblicata sulla Gazzetta del popolo il 28 luglio 1907.  Da ultimo, il celeberrimo risveglio del Giovin Signore dal Giorno di Parini, croce di tanti studenti di quarta liceo che si perdono tra i dolci fomenti e il natural calore v'arda temprato . E si lamentano, come si lamentano. Conoscete altre poesie sul cioccolato? La dolcezza del cuore viene da dolci bevande nere come la notte, bianche come il paradi...