Dell'Ikea e di altri demoni

 Foto Ikea

So già che parafrasare un titolo così celebre per adattarlo al locus consumisticus per eccellenza suona come eresia, ma ieri  riflettevo tra me e me sulla potente capacità  di attrazione che l'Ikea esercita nei confronti del genere femminile e, in particolare, sull'attrazione che esercita su di me.

Amo andare all'Ikea. Mi piace gironzolare per l'esposizione dei mobili, comprare quelle meravigliose inutili cianfrusaglie che secondo me abbelliscono tanto la casa e secondo mio marito portano tanta polvere "e poi lo sai che sono allergico". Mi piace anche pranzare all'Ikea, che pure ha un menu sempre uguale a se stesso dalla sua fondazione;  di solito mangio il salmone, o se mi sento eroica, le famose polpette (con la salsina).

C'è una sorta di rituale circolare della visita perfetta all'Ikea, che comincia a casa con lo studio meticoloso del catalogo, del sito o dell'app, prosegue in negozio con una visita che si protrae per ore, perché è vero che a casa hai pure compilato la lista dei desideri, ma in negozio c'è sempre qualcosa di più (vuoi non vederlo?).  Culmina infine con l'opera domestica  di brugole e avvitatori e la lamentela immancabile del marito "tu compri e poi la fatica tocca a me". L'eterno ritorno, dalla casa alla casa.

Quindi: l'Ikea è un luogo in cui la creatività femminile spicca il volo. Si spendono i soldi in modo estremamente creativo (ma comunque sono spesi, il che provoca rimorso postumo).
L'Ikea è il luogo della lamentela maschile, a parte quando bisogna comprare proprio quella cosa che interessa a lui.
L'Ikea è anche il luogo in cui il pargolo inizia a dare segni di nervosismo dopo 5 minuti e poi vorrebbe stare due ore non allo Smaland, ma al reparto tende e tessuti a giocare con i giochini messi lì.

Dunque l'Ikea è il luogo perfetto per un giornata con le amiche, che ti capiscono e ti supportano se quella scatola lì, di quella dimensione lì, a San Giuliano non c'è e promettono solennemente che se andranno a Carugate o a Corsico sicuramente te la compreranno. 

L'Ikea è il luogo in cui mi hanno aperto il reparto cartoleria e io divento matta davanti a quei quadernini, taccuini e tag, mi viene voglia di comprarli tutti pensando che da domani appunterò tutto quello che mi salta in testa e farò come quelle persone che ammiro tanto, che di notte, quando dormono, hanno il cervello creativo e di punto in bianco si svegliano per annotare la genialata appena sognata.
 

 Però a me non è mai capitato di sognare la trama del romanzo che mi farà vincere il Nobel, ma neanche, più banalmente, il testo della verifica su Pascoli che potrebbe rivoluzionare il mondo della didattica. Niente di niente. Solo che non so resistere al fascino delle pagine bianche e, benché il Moleskine rosa sia sempre il Molsekine rosa, questi quadernini con l'elastico e le eleganti righe grigie hanno quel vezzo da intellettuale assolutamente irrinunciabile.

Perché diciamolo, estrarre dalla borsetta il taccuino e la penna, mettersi a scrivere sull'autobus, o sul treno mentre tutti ciondolano sullo smartphone può anche essere un'autentica rivoluzione culturale e di costume. Ci si riappropria della dimensione materica di carta e inchiostro, ma soprattutto della parola scritta a mano, cosa assai rara di questi tempi, in cui le lettere sono un messaggio di whatsapp o un emoticon. Mi fa troppa tristezza pensare che in Finlandia non insegneranno più il corsivo perché tanto non serve. E perché? Non è forse la grafia uno dei tratti più personali? Perché eliminarla per standardizzarci ancora di più?

(Visto che le mie sono motivazioni assolutamente nobili e compiute in prospettiva del bene dell'umanità, posso dire che sono legittimata all'acquisto del bloc notes verde).

Le foto sono tutte di Ikea

Commenti

  1. Cara Collega, già l'Ikea per me è un punto debole, se poi ci focalizziamo sulla cartoleria allora il punto diventa debolissimo. Ultimamente sono vittima dello scrapbooking e della decorazione dell'agenda (poi a voce ti consiglierò di dare un occhio a certi gruppi su FB). Una sorta di regressione all'infanzia (forse il fanciullino che è in me si è svegliato?!), lo ammetto, ma molto rilassante e liberatorio....

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    1. Ciao collega, il gruppo sulla decorazione dell'agenda l'ho lasciato tempo fa perché rischiavo di andare in bancarotta. Volevo evitare nuove tentazioni. Sono passata dalle stelle alle stalle e quest'anno uso la Tiquattro, renditi conto. Il mio fanciullino si è suicidato, evidentemente... Però il reparto cartoleria Ikea è da brividi, costa tutto poco e ti viene voglia di arrivare con il rimorchio, caricare tutto e, una volta a casa, festeggiare! ahahahah

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  2. Cara Sara, come non capirti e come non darti ragione. Credo di soffrire, anzi ne sono certa, della stessa ossessione da Ikea. E' un posto che mi rilassa tantissimo e ci andrei tutte le settimane (ci vado in effetti tutte le settimane) e pur di non sentirmi perseguitata dall'insofferenza del mio compagno, che mi accompagna perchè sa di rendermi felice ma mi fa fare il percorso alla velocità della luce prendendo le scorciatoie, preferisco andare da sola o con mia sorella con la quale ci perdiamo per ore in quel mondo fantastico. tanto da non renderci conto che siamo entrate alle 15.00 e ne usciamo dopo le 19.00
    Come resistere! E malgrado gli articoli li conosci a memoria perchè tutto il catalogo ce l'hai in testa sortiscono una sorta di fascino tutte le volte che il tuo sguardo li incrocia. Ed io mi sento come una bimba nel paese dei balocchi. Non parliamo poi del reparto cartoleria. Ma chi meglio di te può capirmi. Quando ho letto il tuo post mi è sembrato di averlo scritto io stessa tanto rispecchia quello che penso.

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    1. Grazie mille per il commento! Sempre più convinta che l'Ikea, su noi donne, abbia anche un potere terapeutico. O forse costituisce una sorta di ritorno all'infanzia, un parco giochi, ecco :-)

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